“Messere DeFrance, è arrivata una lettera per voi” Il ragazzo gli consegnò la lettera, quindi si voltò e scappò via correndo, richiamato da qualche mansione da sbrigare in casa.
L'uomo si passò la busta tra le mani: era impossibile non riconoscerla. Layla utilizzava sempre la carta più pregiata per imbustare le proprie lettere, una carta leggermente ruvida al tocco, ma che all'occhio dava la sensazione di stringere tra le mani una carta fatta di nuvole, o di lana. La voltò e, sul diritto della lettera, vide il marchio della dama, come si aspettava: una testa di drago con una rosa in bocca.
Si sorprendeva sempre per quel sigillo, che la dama si era fatta fabbricare. Era elaborato in maniera assurda e complicata, eppure si vedeva in tutti i suoi dettagli, dando alla massa di ceralacca l'aspetto di una piccola scultura. Sopra, nel carattere elegante e preciso della donna che amava, una sola riga:
A Messere DeFrance, con tutto il mio affetto.
La rigirò tra le dita ancora una volta, indeciso se aprirla o meno, osservando ogni singola lettera dell'intestazione, temendo di perderne anche solo un trattino.
Quando ormai si trovava all'altezza della torre, si piegò sulle ginocchia e mise il peso del corpo sulla gamba sinistra: l'animale rispose prontamente e virò in quella direzione con eleganza. Da sotto, Alessandre sentì il rumore scrosciante di un applauso. Tirò leggermente le redini e il drago si impennò verso l'alto, mentre continuava la virata, dando vita ad un elegante piroetta. Altro applauso dal basso. Con poche manovre ben eseguite, Alessandre lasciò scendere l'animale, planando a pochi metri da terra, fino ad atterrare vicinissimo al gruppo che banchettava sul prato.
Un ennesimo applauso lo accolse mentre lasciava le redini in mano allo scudiero di turno.
“Messere DeFrance, la vostra bravura è qualcosa di abbacinante” Esclamò giuliva la contessa Marlen.
“Un connubio perfetto di forza ed eleganza” Commentò il Barone Von Kilber.
“Siete troppo buoni, signori, si tratta solo di esercizio” Si schernì il nobile, in realtà gloriandosi intimamente per le lodi ricevute.
“Avete ragione, si tratta solo di esercizio” A parlare era una ragazza che Alessandre non aveva mai visto prima. Era sotto il gazebo, con una tartina in mano, vestita di un tiepido abito azzurro, con relativo parasole abbinato, e lo guardava con un'espressione ironica sul volto “Un esercizio continuo ed estenuante a cui quel povero animale viene sottoposto ogni giorno”. Ci fu qualche mormorio di disapprovazione, ma la ragazza se ne infischiò, continuando ad osservare il nobile.
Alessandre la squadrò senza nascondere un'espressione sorpresa: non era una dama come le altre, presenti o meno. A partire dai capelli, tenuti corti, come una donna maritata, mentre era evidente che non lo fosse; sotto, l'abito era quello di una signorina d'alto rango, ma lei lo teneva sbottonato su...
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