1. Lacrima di sangue
    Racconto

    «Scusi signora, non può passare da questa parte» Ripeté per l'ennesima volta John.
    «Mi faccia il piacere e si sposti! Devo assolutamente passare!»
    John si spostò a disagio, impedendo alla vecchietta di sgattaiolare tra lui e la porta «Signora, la prego... Nessuno può entrare fino all'arrivo del governatore»
    La vecchietta tentò ancora un paio di manovre inutili, cercando di passare, poi gli puntò un indice proprio sotto il mento «Lei non sa chi sono io!» Tentò di urlare con fare autoritario.
    John evitò di dirle che la conosceva alla perfezione, e che, probabilmente, la conosceva meglio di lei stessa. John Goldmind era il più grande esperto di linguaggio del corpo in tutta la galassia, inoltre vantava una rete d'informazione praticamente infinita, ricordava tutto ciò che sentiva e vedeva con una precisione incredibile e, di conseguenza, era probabilmente la persona più intelligente in quel palazzo. Se tutti quanti, però, ignoravano financo la sua presenza era per via del cartellino di riconoscimento in ottone, attaccato al taschino della giacca, che lo identificava come John R. Goldmind. John Robot Goldmind.
    «Scusi signora, ma non può passare da questa parte» A parlare era stato un omone alle spalle della vecchietta, che si stava avvicinando in quel momento. La donna lo osservò contrariata per un attimo, quindi se ne andò borbottando. Gli esseri umani tendono a dare maggiore autorità ad altri esseri umani.
    «Quello che hai fatto non è legale» sussurrò Goldmind dopo che la signora si allontanò
    «Ha importanza?» Si strinse nelle spalle l'altro uomo
    «Ha importanza per lui» sottolineo John
    «Lui non è qui, adesso: e non ha dato ordini espliciti in materia» Disse l'altro, appuntandosi la placchetta d'ottone al taschino della giacca
    «Finirai per farti licenziare» Lo fissò duro Goldmind «O peggio ancora disattivare, Jorge R. Silverforce»
    Senza aggiungere altro, i due robot si misero l'uno di fianco all'altro, a chiudere l'ingresso alle proprie spalle, immobili e statici, come statue di cera, aspettando l'arrivo del governatore.

    «Ragazzi, vi prego, sedetevi» Il governatore di Nettuno XIII era un uomo semplice, a cui il potere non aveva dato alla testa. Vestiva alla maniera classica, si manteneva in forma andando in palestra ogni giorno ed evitando di delegare tutto il lavoro alle macchine. Era solare e giocoso, ma sapeva anche essere serio e autoritario, tanto da essere temuto e amato dai tutti i suoi sottoposti.
    Ogni tanto, con una reazione simile alla tristezza umana, Goldmind pensava al proprio padrone come ad un novello Gulio Casare1, e temeva per la sua sorte. Goldmind e Silverforce si misero seduti di fronte alla scrivania, anche se non ne avevano il minimo bisogno.
    «Sapete chi è venuto a lamentarsi con me, questa mattina?»
    Non ci voleva il genio di John per rispondere «La signora Mousin?»
    «Proprio lei... E sapete che cosa mi ...

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    Last Post by AntonioMilitari il 14 Feb. 2017
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  2. Il Cappotto
    Racconto

    Il ragazzo posò la schiena sulla sedia girevole, facendola gemere appena; davanti a se, uno schermo bianco mostrava una pagina bianca, contornata del bianco della scrivania immacolata. Bianco. Questo colore lo stava perseguitando da quando aveva iniziato a scrivere. Adesso, dopo aver cancellato per l'ennesima volta le poche righe che aveva vergato, si trovò a fissare nuovamente quello schermo bianco.
    -Perché è così difficile scrivere?- Si allontanò con rabbia dalla sedia per andare in cucina, aprire il frigo e fissarne tristemente il contenuto, in cerca di qualcosa di dolce, che non trovò. Sentiva il bisogno di fare qualcosa, di scrivere qualcosa, ma ogni volta che un'idea gli saltava alla mente non riusciva a metterla su carta (o su schermo), prima che gli sfuggisse via diventando un'immagine sfocata di quello che era stata.
    Chiuse con un tonfo l'anta del frigorifero e decise che non era il momento adatto per scrivere, torno in camera e fece sbattere lo schermo del portatile contro la tastiera; oggi sembrava in vena di distruggere le cose.

    Si alzò improvvisamente dal letto nella stanza buia. Si guardò intorno con il fiatone cercando quella figura che aveva visto un momento prima, che sembrava essere sparita nel nulla, quando avvertì la sua mano sfiorargli la fronte. Saltò come una scimmia, cercando di cacciare quella mano invisibile, per poi accorgersi che si trattava solo di una goccia di sudore, che stava scivolando, pigra, verso gli occhi. La asciugò con stizza, per poi correre in cucina, a prendersi un bicchiere d'acqua.
    Con il freddo vetro tra le mani a rassicurarlo, posò la testa contro il frigorifero e chiuse gli occhi, cercando di ricordare il sogno prima che sparisse totalmente dalla sua memoria onirica.
    Era in un luogo buio e freddo, forse una strada, quando un uomo si era avvicinato: si trattava di un uomo classico, quasi vecchio, con un lungo cappotto nero e un cappello a falde (quanto tempo che non vedeva un cappello così per strada), un paio di occhialini posati sul naso e una cravatta perfettamente annodata, ovviamente in modo classico. Perfino la camminata aveva qualcosa di classico, con le mani bene affondate nel cappotto, la schiena spinta leggermente all'indietro, ma il capo chino in avanti, quasi non avesse l'ardire di osservare gli altri negli occhi.
    Aveva camminato lento, fino a passargli accanto, ma invece di continuare a camminare, si era fermato improvvisamente al suo fianco, sollevando la testa, e fissandolo dritto negli occhi, con uno sguardo che lo aveva fatto rabbrividire.
    -Lei è uno scrittore?- Chiese, sistemandosi gli occhialini dall'aspetto fragile sul naso.
    -Qualcosa del genere, si.- E si pentì subito di averglielo detto.
    -Ci avrei giurato, ci avrei giurato. Mi dica, ha già scritto qualcosa?-
    -Non sono ancora riuscito a terminare niente- Perché gli sto dicendo queste cose?
    -Che peccato, che peccato. Però scommetto che ha già un'idea in mente...

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    Last Post by AntonioMilitari il 12 Feb. 2017
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